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Watch log, day fortyone. Flying away III

02 Nov 2008

Stanotte anche qui è cambiata l'ora, una settimana dopo che in Italia. Non lo sapevo.
Lo stronzetto della reception che me l'ha fatto notare con un mezzo sorrisino (da stronzetto, appunto!) ha aspettato che pagassi e riconsegnassi le chiavi, prima di dirmelo ed aggiungere che stamattina non ero il primo.

Quando l'altroieri ho cambiato all'ultimo minuto la prenotazione dei voli, l'operatore del call center dell'American mi ha messo in overbooking e mi ha caldamente raccomandato di presentarmi all'aeroporto in discreto anticipo.

In mezzo alla hall con in mano valigia e zaino, quindi, mi ritrovo ad aspettare come un idiota lo shuttle per l'aeroporto con un'ora e un quarto di anticipo rispetto all'ora concordata, e con quasi sei ore di anticipo sul volo per Los Angeles.

Meno male che stamattina, facendo colazione, ho notato un tipo che si spalmava le tartine in piedi in un angolo e, scostando il mio piatto, gli ho offerto metà del mio tavolino.
Lo sguardo duro gli si è trasformato in un bel sorriso, e dopo esserci scambiati formalità in un francese stentato ci siamo accorti di essere gli unici due presenti a non far parte del gruppo di Belgi che da due giorni affollano l'hotel, e che era meglio l'inglese.

È stato gradevole chiaccherarci i dieci minuti della colazione, pur col mio inglese stentato.
Mi ricordava mio nonno Vincenzo, uno sguardo fiero molto simile ed una camminata incerta che delata un passato complesso.
Io arrivo da un mese a New York, e ho fatto tappa qui prima di proseguire per la Nuova Zelanda.
Lui rientra da un mese in cina, e ha fatto tappa qui prima di tornare in New Jersey.
È in pensione, e passa quel che gli resta di vita a girare da solo per il mondo, cercando di vedere tutto quel che può. Odia il militarismo statunitense. M'è piaciuto.

Fatto sta che, da quando stamani ci ho avuto a che fare, il mondo sorride. E non ho voglia d'incazzarmi con lo stronzetto della reception.

PASSENGER CAREGNATO/SIMONEMR, FLY QF0026

Accoccolato in un angolo del terminal di Los Angeles approfitto di una delle pochissime prese libere per ricaricare il portatile, e realizzo finalmente quant'è bella la moquette...
Non so nemmeno bene perché a primo acchito non mi sembrasse igienica, però da quando anch'io mi ci sono svaccato mi sembra la più bella invenzione del mondo.

Cosa non farebbe uno per passare il tempo, vero?

Io intanto ho calcolato che in questo viaggio finora ho accumulato 18 ore di voli e 17 di attese aeroportuali.
Se ci sommo le previste 12h:40 del volo di stasera, domani quelle di volo saranno 30e1/2.
Alla fine del viaggio, saranno poco più di 60 ore di volo e 30 di inutili attese: quasi 4 giorni interi passati seduto senza poter fare praticamente nulla più che aspettare...

Quando la matematica mi annoia, ricomincio con l'inventario tattico dello zaino, un concentrato di efficienza del quale temo continuamente perdermi un pezzo:
- Portatile, con relativo caricabatterie e kit di cavi ethernet ed usb per ogni evenienza;
- Macchina fotografica, con relativo caricabatterie e scorta di memory cards superiore alle reali necessità;
- iPod strabordante ogni possibile genere musicale, con tre paia di cuffie;
- Adattatore multipresa universale planetario;
- Grammatica & dizionario d'inglese;
- Antipioggia ripiegato;
- Infradito tattiche per il volo;
- Kit spazzolino-dentifricio-salviettine-sapone-disinfettante-cerotti-filo da cucito a prova di checkin;
- Dossier con biglietti, prenotazioni, piantine e ricevute. La mia vita appesa ad una cartellina tenuta assieme con lo scotch, per capirsi.

Il mal di schiena che va e viene mi ricorda che la scatola con le medicine (antibiotici - antipiretici -antinfiammatori) è nella valigia, e che se i lombi mi dovessero inchiodare alla moquette il Voltaren si trova nella stiva del bestione parchegggiato davanti al terminal.
Devo ricordarmi di ricombinare il tetris dello zaino, e farci stare tutto.

Nonostante tutti i voli accumulati negli anni, questa è la prima volta che il mio bagaglio cambia di stiva senza il mio intervento, e che lo raccoglierò nell'aeroporto finale.
Un po' lo temo, visto che a quasi chiunque io conosca è scomparsa almeno una volta la valigia, e a tutt'oggi io sembro essere l'unico al quale questa esperienza non sia ancora toccata. In ogni caso preferisco non pensarci, per non tirarmela addosso.

Ciononostante, un po' d'ansietta mi domina e m'innervosisce...

Oggi per la prima volta volerò su un 747.
Lo sto guardando dalle finestre del gate, è qualcosa d'impressionante...
Due piani, 4 motori, una palazzina volante che sposta più di 400 persone alla volta. Sono particolarmente curioso di provare che sensazione debba trasmettere alla schiena una simile potenza di spinta, nel momento in cui alza da terra un transatlantico del genere...

All'ultimo controllo, ieri sera, il tracking online della FedEx diceva che il pacco con l'attrezzatura dalla quale dipendo per sfamarmi si trova a Honolulu, in attesa di esser spedita a Sidney.

Le 58,2 libbre di libri che non ho potuto non comprare a New York, invece, si trovano da una decina di giorni in un qualche punto imprecisato tra l'ufficio postale di Brooklyn e l'AndreaStudio.
La spedizione con un corriere sarebbe andata dai 370 dollari di FedEx ai 460 di UPS, con DHL nel mezzo, mandando a ramengo tutta la convenienza degli acquisti oltrefrontiera.
Quindi, sfidando la sorte, ho optato per un banale pacco postale da "soli" 199,50 $, alla faccia del povero Mitch che attende ansiosamente la scatola e dovrà aspettare 1 - 3 settimane senza possibilità alcuna di sapere dove si trova.

Quando mi sono presentato all'ufficio postale a spedire lo scatolone e ho criticato i tempi di consegna, all'affermazione "quindi, senza possibilità di tracking la mia scatola è in balia del destino, e non mi rimane che sperare" la tipa dello sportello ha gonfiato il petto, offesa e patriottica, e alzando un po' la voce ha affermato "in America (c'era la maiuscola, l'ho sentita!) we have a great and efficient postal service!" (o qualcosa che suonava esattamente così, concedetemi le sviste traduttive)
Mi ha ricordato uno dei postini del film Man In Black, alieno dentro e patriota fuori.

Fatto sta che non mi rimane che sperare...
Non è in sè degli americani, che non mi fido: nel momento in cui la postina ci appiccica su un adesivo con l'aquila rossa e blu, l'oggetto scatola diventa sacro e patriottico, e gli alieni la trattano con deferenza.
Io temo le poste italiane. Quelle con la "i" minuscola.

Si parte? Ma quanto cazzo manca ancora?...